Essere genitori di un bambino autistico

Essere genitori di un bambino autistico

Essere genitori di un bambino autistico non è semplice.

Non è mai semplice scoprire di essere genitori di un bambino disabile ma nel caso dell’autismo la fase di accettazione risulta essere molto più lunga e in alcuni casi non arriva mai.

Perché? Perché nei casi di una disabilità più generale, la maggior parte delle volte, questa, salta evidente agli occhi. Nell’autismo no.

Come ci si accorge che il proprio bambino è autistico?

Essere genitori di un bambino autistico significa non accorgersi della disabilità del proprio figlio per un lungo periodo di tempo.

Essere genitori di un bambino autistico significa non accorgersi della disabilità del proprio figlio per un lungo periodo di tempo.

Il bambino mangia, cresce, dorme, sorride, comincia a stare seduto a spostarsi gattonando, tocca e muove gli oggetti.

Con il passare dei giorni, però, i genitori iniziano a percepire che qualche cosa non va nel proprio bambino.

C’è qualche cosa che non va, ma cosa?

Specialmente se i genitori sono neo genitori, questa sensazione che ci sia qualche cosa che non va nel proprio piccolo, viene messa a tacere anche in seguito a rassicurazione di medici, nonni o amiche che, a volte, vedono la mamma o il papà come troppo ansiosi.

Passano così i giorni, e il bambino, così poco attratto dall’interagire con i suoi genitori, appare agli occhi di questi come socialmente passivo.

Quali sono i segnali della presenza di autismo?

Riconoscere le difficoltà sociali di un bambino piccolo non è semplice, specialmente se non si ha un metro di paragone come ad esempio un fratello maggiore. Spesso, questa passività viene confusa con il carattere particolare o il temperamento del bambino e così, indicatori importanti ma così sfuggenti da essere notati, come la capacità di seguire con lo sguardo un’indicazione della mamma o la capacità di alternare sguardi e turni di conversazione non vengono riconosciuti come campanello d’allarme.

A ciò si aggiunge che spesso, la gravità e le caratteristiche delle difficoltà sociali di un bambini possono essere molto varie e sfumate. Ad esempio, nei casi di autismo ad alto funzionamento, il bambino può rispondere al sorriso ed essere in grado di elementari scambi sociali, motivo per cui, le diagnosi di autismo ad alto funzionamento avvengono di solito in tarda età (se non in età adulta) dopo anni di manifestazioni di ansia e depressione da parte della persona.

In altri casi, questa difficoltà sociale viene mascherata da gravi disturbi dell’alimentazione o del sonno e questo spettro così ampio di caratteristiche soggettive fa sì che il riconoscimento precoce del problema sia ancor più difficile.

A che età diventa evidente l’autismo?

Con l’ingesso al nido o alla scuola dell’infanzia i genitori di un bambino autistico si ritrovano a confrontarsi con una dura realtà.

Con l'ingesso al nido o alla scuola dell'infanzia i genitori di un bambino autistico si ritrovano a confrontarsi con una dura realtà.

Attraverso il confronto con gli altri bambini, tutti quei comportamenti che in un ambiente familiare e rassicurante sembravano normali, appariranno in realtà bizzarri e la tendenza all’isolamento del bambino diventerà evidente. E così, quel dubbio che ci fosse qualche cosa che non andava incontrerà il riconoscimento e la diagnosi da parte dei medici.

Da quel momento i comportamenti caratteristici diventeranno evidenti: la comparsa delle abilità comunicative, sociali e cognitive risulterà deviata rispetto alla norma ed è proprio in questo momento che inizierà il difficile percorso di accettazione della diagnosi da parte dei genitori.

Quando avviene la diagnosi di autismo?

Proviamo a pensare allo shock che i genitori possono provare nel momento in cui, in fase di indagine prenatale, gli viene comunicato che il feto presenta un problema, come ad esempio la Sindrome di Down.

Sicuramente una doccia gelata che porterà con se pensieri e decisioni immensamente difficili da prendere.Ma, passato lo shock, arriva la fase dell’accettazione e della scelta.

Nei casi di autismo invece è diverso.

Per i primi mesi, i genitori hanno con sé un bambino che appare privo di problemi.

Con il passare dei giorni, i genitori iniziano a notare dei comportamenti “strani”, ma si convincono che vada comunque tutto bene. Poi arriva il giorno che le difficoltà presentate dal bambino diventano evidenti e  tutto d’un tratto si ritrovano a non avere più il bambino sano che pensavano di avere, ma un bimbo con delle difficoltà con cui  imparare a relazionarsi da zero.

un bimbo con delle difficoltà con cui  imparare a relazionarsi da zero.

In questa fase, i genitori vivono un vero e proprio lutto. Devono accettare la perdita del bambino da loro idealizzato e trovare le forze per prendere atto del problema, conoscerlo e agire.

Per alcune famiglie questo lutto  è così doloroso da non riuscirlo ad accettarlo, nemmeno quando il figlio è ormai diventato adulto.

Ma seppur estremamente doloroso, è essenziale arrivare al più presto alla fase di accettazione affinché si possano contattare dei professionisti in grado di fornire gli strumenti per un valido intervento.

Oggi i genitori sono parte attiva del processo abilitativo del bambino con autismo.

Rispetto al passato, in cui si pensava erroneamente che l’autismo del bambino fosse dovuto a una relazione genitoriale fredda e inadatta, oggi i genitori sono al centro dell’intervento abilitativo del proprio bambino.

Attraverso un intervento educativo precoce, affidato a esperti nei trattamenti dell'autismo, sia il bambino che famiglia potranno trarne dei benefici

Attraverso un intervento educativo precoce, affidato a esperti nei trattamenti dell’autismo, sia il bambino che la famiglia potranno trarne dei benefici.

Punto cardine di un buon intervento educativo è la collaborazione tra genitori e operatori, condizione necessaria per realizzare un intervento programmato ed efficace, grazie allo scambio reciproco di esperienze e conoscenze.

I genitori infatti sono gli esperti del proprio bambino da cui gli operatori hanno tutto da imparare. Viceversa, l’educatore, essendo una figura professionale, è l’esperto circa le tappe di sviluppo del bambino, i relativi disturbi dello sviluppo e le tecniche di abilitazione e riabilitazione. Come tale, i genitori potranno imparare dall’operatore le giuste modalità con cui rapportarsi con il proprio bambino.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *